L’UDC ha fatto buona pesca (copyright Guerzoni- Corriere della Sera) mentre la società civile italiana ha dimostrato, e non è la prima volta, la sua subalternità alla politica, anche quella indebolita di questo finale di seconda Repubblica.I messaggi che escono della convention di Chianciano, se solo si va oltre le photo opportunity di rito, appaiono sommamente confusi. Da una parte l’UDC si candida a proseguire la politica del rigore e del rinnovamento inaugurata dal governo Monti, dall’altra schiera una prima fila che, sia pure con grande rispetto per le persone e le storie individuali, di nuovo ha davvero poco: Paolo Cirino Pomicino, Ciriaco De Mita, Rocco Buttiglione, Giorgio La Malfa, Giuseppe Pisanu e financo Renata Polverini (che in un passaggio esilarante del discorso di Casini viene addirittura portata ad esempio come avversaria degli sprechi e dei privilegi!).
Sullo sfondo si intuisce il profilo di una classe dirigente locale, che soprattutto nel Meridione, incarna abitudini e comportamenti lontanissimi dal rappresentare quello che l’Italia chiede oggi alla politica. Il rischio di proseguire una politica che ha spesso visto l’UDC montiana a Roma e lombardiana in Sicilia è quanto mai concreto.
Possibile che ai Ministri e Vice Ministri accorsi a Chianciano, non sia venuto in mente di prendere del tempo per capire la reale concretezza dell’operazione prima di spendere il loro piccolo o grande patrimonio di credibilità?
Tra l’altro questo avrebbe giovato all’Esecutivo, oggi esposto alle legittime critiche di PdL e PD dopo che Ministri di primo piano hanno dichiarato più o meno apertamente di far parte del progetto di Casini (da antologia del politichese il “Candidarmi? dovete avere un attimo di pazienza” pronunciato da uno dei Ministri presenti.)
Le buone intenzioni dell’UDC devono essere salutate positivamente. Si tratta dell’unico partito che sino ad ora ha preso atto almeno a parole della necessità di riformarsi e aprirsi alla società civile. Ma si tratta per l’appunto di parole e d’intenzioni.
Per questo ci domandiamo se proprio l’incapacità dimostrata in questo frangente dalla classe dirigente non politica che abbiamo visto in prima fila a Chianciano, di porre con forza il tema di un vero rinnovamento, nei programmi e nelle persone, prima di precipitarsi a ingoiare l’esca di una promessa di candidatura, non contribuirà a frenare, piuttosto che ad accelerare, un già difficile percorso di riforma della politica.
Fossimo nei panni di un dirigente di lungo corso dell’UDC riterremmo, oggi più di ieri, che questa società civile, che si può avere un tanto al chilo, non richiede impegni particolarmente stringenti al cambiamento.
Ma è soprattutto sul piano dei contenuti che poco o nulla è emerso dall’assise di Chianciano. “Monti dopo Monti” è un programma davvero troppo scarno per una grande nazione. Anche perché l’Esecutivo ha al suo interno orientamenti molto diversi, che oggi filano più o meno diritti solo grazie all’autorevole, e talvolta severa, mano del Presidente del Consiglio.
Insomma se al pescatore Casini va dato atto di aver fatto buona pesca con poca pastura, il fritto misto che esce dalle cucine di Chianciano rischia di essere una pietanza indigesta per gli elettori e per il paese.