Perché S. Francesco di Paola è il patrono di Stornarella

STORNARELLA – È il santo che ha scelto la città di cui essere patrono. Stornarella celebra San Francesco da Paola ogni 2 aprile (anche se la festa patronale è rinviata ad agosto e prima ancora si teneva a maggio, tempo di raccolti, un periodo più florido per le risorse dei contadini). Perché un protettore calabrese per una città del Basso Tavoliere? La risposta è nella statua lignea, di scultore ignoto, alta un metro e mezzo, che rappresenta il frate cosentino prodigo di miracoli e straordinarie opere di bene nel 1400.Restaurata nel 2003, per rimediare alla lunga aggressione dei tarli, riproduce un frate anziano e barbuto, con un saio scuro e un grande piatto d’argento sul petto: un medaglione con la scritta Charitas, che caratterizzò il suo insegnamento di umiltà e carità.

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La statua di san Francesco è conservata nella chiesa della Vergine Maria della Stella e “secondo la tradizione orale – si legge nel sito della parrocchia – arrivò su di un carro trainato da due buoi proveniente da Paola, il paese che vide i natali del santo nel 1416. Allorché giunse in zona masseria di Lagnano, il carro si fermò all’imbocco della deviazione che si diparte dal tratturo regio, il braccio Cerignola-Ascoli dell’antica via della transumanza. Il carico era divenuto pesantissimo e non si muoveva, nonostante fossero portati altri buoi. Si arrivò fino a dieci. Il vescovo allora, giunto in processione con una rappresentanza di cittadini, fece voto di recitare ogni anno in onore di san Francesco i tredici venerdì se il carro fosse entrato nel paese. A quella promessa i buoi si mossero e presero la via che conduce a Stornarella”. Questo avvenne nel Settecento. I tredici venerdì, novena che dal primo venerdì di gennaio termina il 2 aprile, erano stati introdotti proprio dal taumaturgo di Paola, fondatore dell’Ordine dei Minimi, gli ultimi, i più poveri, dediti alla preghiera e alla carità. Sono le stesse regole seguite dalle Minime, istituite per la volontà ispirata di una religiosa calabrese, Madre Elena, vissuta tra il 1895 e il 1961. La chiamavano la monaca santa ed ha fondato l’Ordine delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. L’apostolato incessante della religiosa di Montalto Uffugo, è raccontato dalla consorella Giuliana Amodio, suor Eugenia, in un’intensa biografia (“Beata Elena Aiello. Infaticabile nella carità”, ed. Paoline, 160 pp. 11 euro). Guarita in modo miracoloso dalle gravi malattie che l’avevano costretta a rientrare in famiglia dall’Ordine del Preziosissimo Sangue, fonda a Cosenza una nuova opera per “onorare la Passione del Signore e soccorrere spiritualmente e concretamente gli umili, i poveri e in modo particolare l’infanzia bisognosa”. Saranno suore Minime per l’affinità spirituale con san Francesco di Paola, scelto come modello e patrono principale della nuova famiglia religiosa. La vita di Elena Madre Aiello è caratterizzata dalla sua unione alla passione, dalle stimmate e fenomeni mistici. Morta in concetto di santità è stata beatificata il 14 settembre 2011, a cinquant’anni dalla morte.

Un operato attivo tra la gente il suo, diversamente dalle scelte monastiche di clausura e segregazione dal mondo, che hanno segnato soprattutto il passato, ma che trovano tuttora qualche esempio, come accade nello scenario del Monte Athos, in Grecia. Alain Durel, viaggiatore, attore di teatro e regista di famiglia atea, ha condotto un’esperienza eremitica e la descrive con tratto romanzesco nella novità, sempre per le Paoline, “La penisola proibita”, 208 pag. 17 euro. È il racconto di una ricerca dell’assoluto, avvertita da anni, che lo ha portato a stabilirsi nella vita monastica dell’Athos. È il racconto del soggiorno nell’eremitaggio inaccessibile e degli incontri con grandi maestri spirituali. Non sceglie la vita monastica ma conserva un atteggiamento positivo su persone e istituzioni e descrive affettuosamente personaggi simpatici e affascinanti. Ogni monaco, ogni monastero è tratteggiato in maniera essenziale, con pennellate sicure. Il testo contiene delle perle di spiritualità e di saggezza, nella migliore tradizione della spiritualità ortodossa. “Se la gallina non rimane nello stesso luogo a covare le uova, non ci saranno mai pulcini! Persevera nella preghiera di Gesù in chiesa come in cella”. “La più grande opera che si possa fare per la Chiesa è praticare la vita evangelica. Non è una via riservata a certi eletti: è l’unica via”.

Fonte: Agenzia di Stampa 2008

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