Esattamente cento anni fa, a San Giovanni Rotondo in provincia di Foggia, si consumò uno dei più terribili eccidi del primo dopoguerra italiano in cui ci furono 14 morti (13 manifestanti del Partito Socialista e un carabiniere).
Il fatto si svolse nella piazza antistante il Palazzo di Città; uno scontro, finito nel sangue, tra i partecipanti ad un corteo di circa 600 persone e le forze dell’ordine. La causa scatenante fu la volontà dei socialisti, vincitori delle elezioni comunali di quell’anno, di voler issare, nel giorno dell’insediamento della nuova amministrazione comunale, la bandiera rossa al balcone del Palazzo del Municipio.
Ma facendo un passo indietro è fondamentale inserire l’avvenimento in un contesto socio-politico più allargato che vede, nel primo ventennio del Novecento, la Puglia e la Capitanata interessate da una serie di eccidi avvenuti essenzialmente in occasione di manifestazioni delle leghe dei contadini per il rispetto dei contratti di lavoro, per richiedere lavoro o contro il caroviveri. La Puglia di quel periodo, non a caso, fu definita la “regione degli eccidi cronici“.
Erano anni di fermento politico e le elezioni amministrative, comunali e provinciali, che si svolsero in Puglia nel 1920, furono le prime a suffragio universale maschile, dopo quelle politiche del 1919 ; infatti il diritto al voto fu esercitato, per la prima volta, da tutti coloro che avevano compiuto i 21 anni di età e da chi aveva svolto il servizio di leva anche non raggiungendo l’età. Era il momento della scalata dei partiti di massa ed in particolare del partito socialista che conquistò consigli comunali fino ad allora nelle mani dei liberali.
A San Giovanni Rotondo le elezioni comunali di quell’anno avevano decretato la vittoria della fazione socialista con l’insediamento del sindaco Luigi Tamburrano. Ma la prova elettorale si svolse in un contesto di progressiva radicalizzazione delle rivendicazioni economiche e sociali, sollevazioni delle leghe contadine ed invasione delle terre incolte, con una reazione agraria che si manifestò palesemente in manifestazioni di massa.
Nel comune della Capitanata, le cause scatenanti di quest’eccidio furono di natura prettamente politica: infatti i socialisti avevano condotto una campagna elettorale molto aspra, ma avevano vinto le elezioni amministrative, svoltesi il 3 ottobre 1920, con oltre duecento voti di vantaggio sulla fazione avversa. Una fazione abbastanza inedita perchè formata da liberali, nazionalisti, combattenti e persino popolari. Questa era supportata da esponenti degli apparati dello Stato, al fine di fermare i socialisti che godevano di un largo consenso in Capitanata per aver sollevato il problema di arrivare ad un nuovo assetto sociale e politico in cui le classi subalterne potessero avere più peso e potere.
La vicenda di San Giovanni rotondo aprì la strada ad un processo politico molto più ampio, che da lì a poco si sarebbe esteso anche in altre regioni d’Italia, facendo partire così quel periodo buio, che nel giro di beve tempo avrebbe portato alla fine dello Stato liberale e anche della democrazia.
Il ricordo di questo, come altri episodi di sangue e il ricollocarli nel contesto storico in cui si svolsero, non significa solo ricordare e commemorare le vittime, ma dare visibilità a storie troppo spesso dimenticate.