L’amore si veste di morte! Caso di femminicidio a San Severo (FG)

Roberta Perillo di San Severo (FG)

Nel guardare questa foto l’occhio è rapito dal sorriso di una giovane donna, nel fiore degli anni e piena di sogni e speranze. Un sorriso, che chi l’ha conosciuta ed amata non potrà né vorrà mai dimenticare!

Chissà quante volte quel sorriso è stato proprio per lui, per colui che amava, per l’uomo che voleva al suo fianco e con cui, forse, aveva anche progetti per il futuro. 

L’uomo che amava e che credeva che l’amasse…..che però si è trasformato nel suo assassino!

Chissà quante volte quel sorriso è stato spezzato dalle lacrime, dalle angosce, dalla paura o dalla rabbia per l’incubo che stava vivendo, a causa di un amore malsano che, invece di donarle felicità, si è rivelato il suo traghettatore verso la morte.

Roberta Perillo, 32 anni di San Severo (FG) è morta così: per mano dell’uomo che avrebbe dovuto regalarle tutto ciò che di più bello c’è nella vita e che invece l’ha barbaramente strangolata nella sua stessa casa, per gelosia, per malattia, per smania di possesso e chissà per cos’altro!

Ennesimo caso di femminicidio che fa notizia, ennesimo clamore suscitato, ennesime manifestazioni di solidarietà, rabbia, dolore!

Un’altra vittima oggi, un altro omicidio che finirà nel dimenticatoio domani! 

Ecco cosa resterà di quel sorriso che rapisce l’occhio di chi lo guarda: una notizia di cronaca nera, un caso archiviato con una condanna più o meno giusta e severa, forse un patetico pentimento da parte di colui che ha spento una vita, e che invece la sua vita continuerà a viverla!!!

Nel cuore dei suoi cari Roberta continuerà a vivere e a sorridere, questo è certo, ma quel suo sorriso dovrebbe rimanere impresso nella mente e nel cuore di tutte le donne che si trovano avvolte nella tremenda spirale delle violenze fisiche e/o psicologiche messe in atto dai loro stessi mariti, padri, fidanzati.

Queste donne, nel profondo, lo sanno bene che l’amore è vita e non morte, che è dolcezza e non violenza, che è rispetto e non sopraffazione, ma troppo spesso questa consapevolezza è di gran lunga superata dalla paura, quella con la “P” maiuscola, che immobilizza il corpo, la mente, la voce, che toglie le forze e non permette di reagire, di urlare, di difendersi…. di liberarsi!

Invece è proprio il pensiero della liberazione che deve prendere il sopravvento e vincere sulla paura. Ed insieme ad esso deve crescere la consapevolezza che parlare e denunciare sono le uniche strade che portano alla libertà. 

Ma la prima libertà da raggiungere è quella dai pregiudizi e dagli stupidi condizionamenti, a volte imposti dalla società stessa!

Denunciare non è sinonimo di vergogna, solo perché a procurare violenza è una persona che si ama e che fa parte della sfera familiare; denunciare è un diritto ed un dovere, affinché non ci siano più vite spezzate in nome di un amore che non è degno di essere considerato tale!

Amarsi prima  di amare….questo è il traguardo da raggiungere per tutte le donne vittime di violenza che hanno ancora la possibilità di riprendere in mano la propria vita, facendosi guidare dall’emblema di tutte le altre vittime innocenti, morte per mano “dell’amore”.