Partiamo da ciò che è ampiamente condiviso (e, per quello che vale, da noi più volte invocato nei mesi scorsi). Il Governo Monti è la migliore (se non l’unica) soluzione possibile, visto il bilancio fallimentare – in senso tecnico – della seconda Repubblica. La compagine ministeriale è di prim’ordine. Il programma interamente condivisibile (su welfare, fisco, concorrenza e privatizzazioni ritroviamo molte proposte a noi particolarmente care). La credibilità internazionale dà già segni di ripresa, così come va salutata con favore l’attenzione alla necessità di equilibrare sul lato di una maggiore giustizia sociale il peso di interventi molto dolorosi per gran parte degli italiani.
La modalità che si intende utilizzare per realizzare i provvedimenti con il cosiddetto “pacchetto” è l’unica in grado di rassicurare le varie componenti della società del fatto che si sta agendo, non in danno di una categoria, ma in vista dell’interesse superiore del paese: i problemi si affrontano in maniera organica e non uno alla volta, per evitare di dare l’impressione di voler colpire solo una parte.
Del resto Italia Futura nella bozza di contromanovra presentata ad agosto in Parlamento, a firma di Nicola Rossi, aveva previsto il “vincolo di destinazione delle risorse”: un sistema ancora più spinto delle riforme a pacchetto che vincola per legge il gettito derivante da nuove tasse all’abbattimento di altre, così come era stato fatto per le privatizzazioni, verso la diminuzione del debito, negli anni novanta.
Tutto bene dunque: persone, contenuti e modi sono quello che ci voleva. Con un’unica avvertenza: per quanto bene farà il Governo, la questione del rinnovamento della politica rimarrà aperta, nonostante la tentazione dei partiti di utilizzare l’esecutivo Monti come un lavacro che ne cancelli le responsabilità e ne consenta la perpetuazione.
Non è difficile immaginare che in molte segreterie di partito ci si prepari in queste settimane ad una duplice strategia di sopravvivenza: se il governo andrà bene potranno dire di averlo sostenuto, se andrà male potranno invocare il ritorno della politica e la sconfitta della società civile. Si tratterebbe della versione aggiornata di uno dei vizi capitali della Seconda Repubblica, la politica “di lotta e di governo”, con partiti che sostengono di volta in volta i provvedimenti che Monti adotterà senza mai assumersene la responsabilità di fronte all’opinione pubblica.
In realtà gli italiani sono meno sprovveduti di quanto si pensi e sanno perfettamente chi porta la responsabilità per la situazione che abbiamo di fronte. Così come sanno che quando le urne torneranno ad aprirsi, al più tardi nel 2013, l’offerta politica dovrà essere ben diversa da quella che ha condotto l’Italia sull’orlo del baratro.
Per questo l’illusione degli attuali partiti di sopravvivere come se niente fosse, tornando prima o poi ad offrire agli italiani le stesse ricette che hanno provocato il disastro, è destinata ad essere smentita dai fatti. Come è già accaduto in ogni precedente esperienza di governo tecnico, anche l’esecutivo guidato da Mario Monti ha messo in moto dinamiche profonde nel rapporto tra cittadini e rappresentanza politica. La richiesta che già ora viene alla politica dal paese reale, come accadde negli anni Novanta dopo i governi Ciampi e Dini, è di tenere conto dei fallimenti e di mettere in campo idee e persone nuove che si confrontino con il consenso elettorale nelle nuove condizioni.
Oggi più che mai, è questa la vera sfida nella quale si giocherà la capacità italiana di uscire dall’emergenza. Fin dalla sua nascita, Italia Futura si è impegnata per sollecitare la società civile a spingere la politica in questa direzione. Mentre con il governo Monti si realizza finalmente quella soluzione di competenza e di emergenza che abbiamo più volte invocato, il nostro impegno pubblico si intensificherà per contribuire a quella svolta di contenuti e classi dirigenti che l’Italia si merita nella nuova stagione che si sta già aprendo dopo la fine della seconda repubblica.